Onorevoli Colleghi! - La presente relazione accompagna una proposta di legge diretta a delegare il Governo ad adottare alcuni decreti legislativi contenenti misure di particolare rilevanza e priorità volti a realizzare obiettivi di speciale importanza nell'ambito del processo di riforma del diritto del lavoro.
Tali obiettivi riguardano:
a) la redazione di un testo unico, denominato «Statuto dei lavori», in materia di disciplina delle diverse tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa in forma tipica o atipica, a prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro e dalla denominazione utilizzata;
b) un riordino della disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e di strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione;
c) la realizzazione di un sistema organico e coerente di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo e di tutti i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque aventi un'occupazione di carattere precario e di bassa qualità, a promuovere la mobilità del lavoro e ad accompagnare i processi di delocalizzazione produttiva;
d) l'istituzione di una Agenzia per le relazioni industriali, che abbia la finalità di contribuire a migliorare il funzionamento di un sistema di relazioni industriali libero e responsabile sia a livello nazionale sia a livello locale.
A ciò si aggiunge una disciplina fiscale di favore per tutte le componenti variabili del salario, con lo scopo di incentivare e premiare gli incrementi della produttività del lavoro.
Redazione di un testo unico denominato «Statuto dei lavori» in materia di disciplina di tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa.
Il diritto del lavoro, come noto, è stato recentemente attraversato da un radicale processo di riforma che ha portato profonde innovazioni volte a ridefinire un mercato caratterizzato per decenni da una progressiva dilatazione dello statuto giuridico del lavoro dipendente e, di conseguenza, da un corrispondente processo di fuga nel lavoro irregolare e sommerso.
Le riforme operate con la legge Treu, legge 24 giugno 1997, n. 196, e i provvedimenti regolamentari ad essa correlati, con la legge Bassanini, legge 15 marzo 1997, n. 59, e il successivo decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e con la legge Biagi, legge 14 febbraio 2003, n. 30, e i relativi decreti di attuazione, hanno portato, per un verso, a un'estensione della gamma dei contratti cosiddetti «atipici» e, per altro verso, a una rimodulazione dei confini fra pubblico e privato nella gestione del mercato del lavoro e nei servizi per l'impiego, ponendo definitivamente fine alle pesanti rigidità e inefficienze del monopolio pubblico del collocamento. Questi e altri interventi - volti in primo luogo allo sviluppo della competitività, al sostegno alla ricerca e all'innovazione tecnologica, allo sviluppo imprenditoriale nelle aree depresse, al riordino della materia degli incentivi alle imprese e alle assunzioni, alla riorganizzazione del sistema di formazione professionale, e in particolare della formazione continua come strumento per massimizzare la qualità dell'offerta di lavoro - indicano con chiarezza che il diritto del lavoro, inteso come tecnica unilaterale di tutela per regolare un unico modello di lavoro dipendente, è già oggi sostanzialmente superato anche per il legislatore stesso, e non soltanto per gli operatori economici che da tempo si sono trovati a sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di gestione delle risorse umane.
Il processo di riforma non può tuttavia fermarsi qui. Fenomeni costantemente richiamati da sociologi ed economisti, quali l'internazionalizzazione dei mercati e l'incessante innovazione tecnologica, unitamente a mali di antica data come l'economia sommersa e la fuga dal lavoro subordinato, impongono ora un nuovo sforzo progettuale che consenta un ulteriore ammodernamento della disciplina dei rapporti di lavoro.
Una riforma del diritto del lavoro non può attualmente prescindere dalla considerazione che il lavoro richiede oggi regole semplici e flessibili, capaci di attenuare incertezze qualificatorie e possibili fonti di contenzioso; la compressione delle molteplici forme di lavoro nei rigidi schemi dell'autonomia o della subordinazione relega invece tutte le forme contrattuali atipiche o sui generis in una vasta area di lavoro grigio anche laddove manchino intenti fraudolenti o di evasione legale, fiscale e contributiva, e anzi lo schema negoziale risponda a reali esigenze delle imprese e dei lavoratori.
a) adeguamento ai princìpi del diritto comunitario, così come specificati in direttive e altre misure di natura non vincolante, al fine di promuovere l'occupabilità, l'imprenditorialità, l'adattabilità e le pari opportunità, quali sono definite dalle linee guida sull'occupazione;
b) rimodulazione delle tutele e del relativo apparato sanzionatorio, ivi compreso quello riguardante la disciplina del licenziamento ingiustificato non imputabile a ragioni discriminatorie, prevedendo un congruo risarcimento e un campo di applicazione riferiti anche all'anzianità di servizio del prestatore presso lo stesso datore di lavoro, nonché il riordino e la revisione del patto di prova;
c) estensione delle tutele fondamentali a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, in condizione di dipendenza socio-economica da un solo committente, sotto il profilo della loro dignità e sicurezza, ricorrendo altresì ad adeguati meccanismi di certificazione;
d) previsione di un diritto alla formazione del prestatore di lavoro, in ragione dell'attività alla quale sia effettivamente adibito, certificata da enti bilaterali, ovvero, in loro assenza, secondo modalità previste da contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle associazioni più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro.
Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali.
L'articolo 2 contiene la delega al Governo, da esercitare entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge, per ridefinire la disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione; nell'attuazione della delega il Governo deve attenersi al rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro ai sensi del titolo V della seconda parte della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L'intervento legislativo sarà volto in primo luogo alla revisione delle tutele in caso di disoccupazione e in costanza di rapporto di lavoro, avuto riguardo alle tipologie di trattamento su base assicurativa e a quelle su base solidaristica, alle condizioni di ammissibilità al trattamento, all'intensità, alla durata e al profilo temporale dei trattamenti, anche in funzione di una maggiore corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni.
In particolare, l'indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli attuali requisiti pieni sarà incrementata nella sua entità e durata prevedendo un'indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a scalare che assicuri al lavoratore il 60 per cento dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per poi scendere gradualmente al 40 per cento e al 30 per cento nei due successivi trimestri, per una durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non superiore ai ventiquattro mesi (trenta mesi nelle regioni del Mezzogiorno) in un quinquiennio.
Per quanto concerne i benefìci concessi sulla base di «requisiti ridotti», l'intervento del Governo sarà volto al rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso a effettiva prestazione d'opera, che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti sopra definita.
In linea con quanto previsto dalle più recenti misure in materia di ammortizzatori sociali, fra cui quelle contenute nel decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, (cosiddetto «pacchetto competitività»), i provvedimenti attuativi della delega dovranno essere volti a realizzare un assetto proattivo delle tutele in modo da non disincentivare il lavoro e
a) ridefinizione dei criteri per l'attribuzione della contribuzione figurativa per le diverse tipologie di soggetti e situazioni;
b) semplificazione dei procedimenti autorizzatori, anche mediante interventi di delegificazione, garantendo flessibilità nella gestione delle crisi e assicurando una gestione quanto più possibile anticipatrice;
c) adozione, in favore dei lavoratori interessati da processi di riorganizzazione o di ristrutturazione aziendale, di interventi formativi, concordati con i servizi per l'impiego e certificati dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali, nell'ambito di piani di reinserimento, definiti in sede aziendale o territoriale dalle associazioni comparativamente più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro;
d) monitoraggio dell'offerta formativa delle regioni rivolta ai soggetti in condizione di temporanea disoccupazione, al fine di garantire agli stessi prestazioni corrispondenti agli impegni assunti in sede di Unione europea per la definizione dei piani di azione nazionale per l'occupazione.
Delega al Governo in materia di incentivi all'occupazione.
L'articolo 3 contiene la delega al Governo per l'adozione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni in materia di tutela e di sicurezza del lavoro ai sensi del titolo V della parte seconda della Costituzione e in coerenza con gli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di incentivi all'occupazione, ivi compresi quelli relativi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
L'obiettivo è quello di realizzare un sistema organico e coerente di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo e di tutti i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque aventi un'occupazione di carattere precario e di bassa qualità, a promuovere la mobilità del lavoro e ad accompagnare i processi di delocalizzazione produttiva.
Al fine del raggiungimento dei predetti obiettivi, la delega fa riferimento ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione degli schemi di incentivazione finanziaria o di altra natura in caso di nuova assunzione, con previsione di un regime generale avente al suo interno articolazioni e graduazioni in connessione con le caratteristiche soggettive degli interessati, con particolare riferimento ai disoccupati di lungo periodo, alle categorie a rischio di esclusione sociale e ai prestatori di lavoro coinvolti in processi di riemersione, nonché con il grado di svantaggio occupazionale delle diverse aree territoriali;
b) articolazione e semplificazione delle misure di incentivazione finanziaria, anche in relazione alla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro e all'eventuale trasformazione a tempo indeterminato del contratto inizialmente posto in essere a tempo determinato, ovvero in relazione alla trasformazione dei tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in rapporti di lavoro subordinato, al fine di favorire la stabilizzazione delle prestazioni di lavoro;
c) previsione di un sistema di incentivi al ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale su base volontaria, anche attraverso forme di incentivazione economica erogate direttamente al prestatore di lavoro, con particolare riferimento alle assunzioni connesse a ipotesi di espansione della base occupazionale dell'impresa ovvero in caso di impiego di giovani impegnati in percorsi di istruzione e formazione, di genitori con figli minori di sei anni conviventi, di lavoratori con età superiore ai cinquantacinque anni, di lavoratrici precedentemente occupate che rientrano nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di inattività nonché per la trasformazione a tempo parziale di contratti a tempo pieno in relazione a procedure di riduzione di personale;
d) collegamento delle misure di incentivazione finanziaria con le politiche di sviluppo e di riequilibrio territoriale, anche al fine di accompagnare i processi di localizzazione produttiva;
e) coordinamento con la disciplina sulla verifica dello stato di disoccupazione e delle relative sanzioni, nonché con quella sugli ammortizzatori sociali, al fine di favorire l'inserimento dei beneficiari di questi ultimi nel mondo del lavoro;
f) introduzione di meccanismi automatici di incentivazione a favore dei datori di lavoro e dei lavoratori che investano in attività di formazione continua, anche attraverso l'utilizzo del contributo dello 0,30 per cento di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, purché essa sia certificata dagli organismi pubblici o dagli organismi bilaterali.
Istituzione dell'Agenzia per le relazioni industriali.
L'articolo 4 della proposta di legge autorizza il Governo ad adottare un regolamento volto alla regolamentazione di una nuova «Agenzia per le relazioni industriali», con il precipuo fine di contribuire al miglioramento del funzionamento di un sistema di relazioni industriali, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, libero e responsabile. All'Agenzia - cui è opportuno che siano contestualmente trasferiti compiti attualmente esercitati da strutture nazionali e periferiche del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, unitamente alle relative risorse finanziarie, strumentali e di personale - saranno attribuite, in particolare, le seguenti competenze:
a) fornire un servizio indipendente e imparziale relativamente alla prevenzione e alla risoluzione delle controversie collettive e all'espletamento del tentativo di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro. Sul punto - in coerenza con altri progetti di legge presentati in merito alle tematiche del processo del lavoro - pare opportuno ricordare che le commissioni di conciliazione, attualmente costituite in seno agli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, non riescono - di fatto - a espletare il pur necessario filtro con finalità conciliative che era stato auspicato dal legislatore con la riforma del 1973; sicché il tentativo obbligatorio di conciliazione, anziché alleggerire il carico di lavoro dei magistrati addetti alla trattazione delle controversie di lavoro e, al contempo, offrire strumenti efficaci e veloci di risoluzione delle controversie, si è tradotto in un'inutile fase prodromica del contenzioso, con conseguente aggravio di tempi. Emblematici, a tale riguardo, i dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro - Divisione IV, nel rapporto sull'attività conciliativa svolta dalle direzioni del lavoro nel corso dell'anno 2004. In base ad essi, limitando l'indagine al settore privato, su 319.815 controversie instaurate nel corso dell'anno - che vanno ad aggiungersi a un carico di 259.161 già in corso a inizio anno - le vertenze individuali conciliate sono solo 77.487, quelle non conciliate 51.268, mentre quelle che non sono nemmeno state trattate ammontano a 260.708;
b) procedere al monitoraggio della rappresentatività degli attori sociali allo scopo di garantire trasparenza e simmetria informativa nelle relazioni industriali;
c) promuovere nuove pratiche e formulare codici di condotta relativi ai rapporti individuali e collettivi di lavoro;
d) svolgere attività di studio, ricerca, documentazione, informazione e assistenza tecnica sulle materie che rientrano nel proprio ambito di competenza, con particolare attenzione all'evoluzione della normativa comunitaria e all'esperienza di altri ordinamenti giuridici.
Norme fiscali per incentivare il rapporto tra salari e produttività.
L'articolo 5 della proposta di legge prospetta norme di natura fiscale in materia di redditi di lavoro derivanti da attività prestate in esecuzione di accordi sindacali integrativi o aventi natura premiale o di straordinario.
Si propone che l'importo complessivo delle erogazioni liberali previste dai contratti di secondo livello sui quali si applica la decontribuzione in base al decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, sia elevato, prevedendo che esso non possa superare il 4 per cento - anziché l'attuale livello del 3 per cento - della retribuzione percepita in ciascun anno solare.
Quanto agli importi erogati a titolo di straordinari, la legislazione vigente prevede per queste somme il pagamento dei contributi sulla base imponibile oltre a una maggiorazione dei contributi stessi